sabato 22 luglio 2023

Osteopata a Napoli

 



L'osteopatia è una terapia indicata in caso di disturbi muscolo scheletrici e disfunzioni viscerali.

La dottoressa Patrizia Fazio opera a Napoli da molti anni, praticando manipolazioni osteopatiche ai suoi pazienti, che testimoniano volentieri la loro soddisfazione.

WWW.osteopatiafazio.cloud

mercoledì 3 aprile 2019

La rosa dei venti



La rosa dei venti è un diagramma che riporta il nome e la provenienza dei venti; deve il nome alla sua rappresentazione grafica, formata da una serie di  rombi sovrapposti come i petali di una rosa.
L'immagine della rosa dei venti ricorda anche una stella, motivo per il quale la rosa dei venti viene anche denominata stella dei venti
Quella riportata nell'immagine seguente è la classica rappresentazione della rosa dei venti:
Nelle prime rappresentazioni cartografiche la rosa dei venti veniva raffigurata al centro del Mar Ionio, oppure vicino all'isola di Malta, e questo divenne il punto di riferimento per indicare la direzione di provenienza dei venti. Come vedremo tra poco, proprio da ciò deriva il nome assegnato a ciascun vento.

La rosa dei venti più semplice è quella a 4 punte, a ciascuna delle quali corrispondono i quattro
- Il vento che soffia da nord è detto Tramontana, nome che deriva da trans montes (al di là dei monti), riferendosi al vento che proviene da dietro le Alpi, e quindi soffia da nord rispetto alla città di Roma, capitale dell'Impero Romano.
- Il vento che soffia da ovest è detto Ponente, nome con cui ci si riferisce al punto cardinale ovest; questo vento prende quindi il nome dalla direzione di ponente, che è la direzione da cui proviene.
- Il vento che soffia da sud si chiama Ostro, e prende il nome dall'emisfero australe, che è l'emisfero sud del globo terrestre.
- Il vento che soffia da est- si chiama Levante, in riferimento al levare del  Sole, che come sappiamo sorge a est; non a caso il punto cardinale est è anche detto levante


La rosa dei venti ad 8 punte è quella più conosciuta e sulla quale sono riportati i nomi dei venti più noti. A ciascuna delle otto punte corrispondono i punti cardinali fondamentali (nord, sud, est, ovest) e quelli intermedi: nord-est, sud-est, nord-ovest, sud-ovest.
- Il vento proveniente da si chiama Libeccio e prende il nome dalla Libia, posta proprio in direzione sud-ovest rispetto a dov'era posizionata la rosa dei venti sulle cartine.
- Il vento proveniente da  sud-est si chiama Scirocco, il cui nome deriva da Siria, posta in direzione sud-est rispetto alla posizione della rosa dei venti sulle cartine.
- Il vento proveniente da nord-ovest  è detto Maestrale, il cui nome deriva da magistra, riferendosi al fatto che da nord-ovest giungevano le navi provenienti da Roma, ossia dalla via maestra.
- Il vento proveniente da Nord est è detto Grecale, che deriva da Grecia; infatti dalla direzione nord-est provenivano le navi salpate dalla Grecia.

domenica 21 ottobre 2018

sabato 9 giugno 2018

Plastica, impariamo a conviverci: “Privilegia, Usa, Riduci, Evita”


Plastica, da ENEA innovazioni e consigli per uno stile di vita sostenibile


In occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente (5 giugno), quest’anno dedicata alla lotta all’inquinamento da plastica (#BeatPlasticPollution), ENEA fa il punto sulle ricerche in questo settore invitando ad adottare comportamenti individuali e collettivi all’insegna di uno stile di vita ecosostenibile.
Da quando il chimico italiano Giulio Natta scoprì il Polipropilene isotattico, che gli è valso nel 1963 il Premio Nobel per la chimica insieme al collega tedesco Karl Ziegler, i materiali polimerici derivati dal petrolio, che comunemente chiamiamo plastiche, costituiscono la maggior parte degli oggetti che utilizziamo tutti i giorni; questo perché il basso costo, l’alta funzionalità e l’estrema resistenza rendono la plastica adatta a mille usi, dai contenitori usa e getta alle valvole cardiache.
Ma in pochi anni la sua grande diffusione si è anche trasformata in un’emergenza ambientale. Infatti, da un recente studio dell’ENEA è emerso che oggetti e frammenti di plastica rappresentano oltre l’80% dei rifiuti raccolti sulle coste e nelle acque del Mediterraneo. Negli ultimi dieci anni la produzione della plastica è stata superiore a quella di tutto il XX secolo e, secondo il Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP), se non si inverte il trend attuale, nel 2050 nei mari ci sarà più plastica che pesce.

Giornata Mondiale ambiente
“Da tempo l’ENEA studia e sviluppa nuove tecnologie e processi per il recupero e il riciclo di materie prime da rifiuti al servizio del Paese; dal 2015, è anche impegnata nell’attività di monitoraggio e caratterizzazione delle plastiche nei mari, nei laghi, nei fiumi e nelle spiagge; inoltre si occupa di analizzare i fragili equilibri degli ecosistemi”, sottolinea Roberto Morabito, direttore del dipartimento “Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali” dell’ENEA. “Partendo da queste attività e dall’esperienza pluriennale dei nostri ricercatori, intendiamo favorire comportamenti più compatibili con l’ambiente, riducendo il consumo di plastica ed evitandone l’abuso e l’uso scorretto, senza però ‘criminalizzare’ il materiale in sé”, aggiunge Morabito.
“I materiali polimerici sono materiali leggeri e resistenti dei quali non possiamo più fare a meno. Inoltre, si tratta di materiali che ‘appartengono’ alla Terra, provenendo dalle sedimentazioni millenarie che hanno generato il petrolio”,  spiega Loris Pietrelli della divisione “Protezione e valorizzazione del territorio e del capitale naturale” dell’ENEA. “Il vero cambiamento di paradigma sta nell’evitare gli usi impropri della plastica, con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza delle nostre azioni quotidiane, ad esempio nell’acquisto di prodotti usa e getta e nel loro smaltimento. Ma come ricercatori puntiamo anche a trasformare la plastica da rifiuto disperso nell’ambiente a risorsa per produrre altri oggetti o energia, all’insegna di un’economia circolare”, conclude Pietrelli.
Le azioni quotidiane suggerite da ENEA possono riassumersi nel motto: Privilegia, Usa, Riduci, Evita. Segui i consigli PURE tu!

PRIVILEGIA
Conoscere il modo in cui gli oggetti di plastica vengono smaltiti o dispersi nell’ambiente ci permette di sceglierli in modo più consapevole. Sarebbe opportuno ridurre la nostra impronta ecologica, privilegiando l’uso di oggetti realizzati in materiali che non ci sopravviveranno, soprattutto per  prodotti monouso.
tessuti di fibre naturali
Da studi recenti è emerso che per ogni lavaggio in lavatrice si possono scaricare fino a 700mila microfibre, la maggior parte di origine sintetica, che a causa delle dimensioni ridotte non vengono trattenute dagli impianti di depurazione delle acque reflue e si diffondono nell’ambiente. I tessuti realizzati con le fibre naturali sono più idonei per l’ambiente in quanto rilasciano quantità inferiori di microfibre ed essendo traspiranti sono più adatti anche per il nostro corpo.
acqua del rubinetto
Per ogni litro di acqua imbottigliata se ne consumano almeno 5 di acqua di processo e si usano 35 g di plastica, pari a 100 cm3 di petrolio, producendo 80 grammi di CO2. Per trasportare una bottiglia di plastica si consumano mediamente circa 20 cm3 di petrolio con emissione di 48 grammi di CO2. Ogni anno in Italia si consumano 270 litri di acqua minerale pro capite, equivalente a 180 bottiglie da 1,5 litri con un impatto ambientale pari a 22 litri di petrolio, 108 litri d'acqua e 23 kg di CO2.
cialde per il caffè compostabili
Sono 10 miliardi le capsule per il caffè in plastica vendute nel mondo. Solo queste in Italia producono circa 120mila tonnellate di rifiuti all’anno. Tutto ciò solo per mettere 5 g di polvere di caffè in un imballaggio monouso! Meglio privilegiare cialde biodegradabili oppure l’uso della moka o di altre caffettiere.
prodotti con packaging ridotto, biodegradabile o compostabili, prodotti alla spina e ricariche
Secondo studi ENEA oltre il 17% del packaging rinvenuto sulle spiagge italiane è costituto da materiale utilizzato per avvolgere cibo. Spesso affidiamo al packaging una ragione estetica piuttosto che funzionale “impacchettando” anche ciò che è già “protetto” in natura (come ad esempio la noce di cocco o il melone). Tra i vari tipi di imballaggi, il packaging multi-materiale è difficilmente riciclabile mentre tra quelli più utilizzati vi è il polistirolo espanso (PSE) che a causa della sua bassa densità, non sempre viene riciclato. A questo proposito, l’ENEA sta sviluppando un processo di solubilizzazione che consente di recuperare il polimero vergine.
raccolta differenziata
Secondo studi recenti nel 2017 la raccolta differenziata ha registrato un trend positivo con 52,5% (+5% rispetto al 2015), ma siamo comunque in ritardo rispetto all’obiettivo del 65% fissato per il 2012. La raccolta differenziata favorisce il riciclaggio delle plastiche, la riduzione degli impatti sull’ambiente e la sostenibilità economica.

USA
Gli oggetti di plastica che utilizziamo nelle nostre azioni quotidiane vivranno con noi e dopo di noi per un periodo più o meno lungo. Nel frattempo, se non correttamente smaltite, si degradano e interagiscono con molecole inquinanti diffuse nell’ambiente che possono essere veicolate nelle varie catene alimentari fino ad arrivare nei nostri piatti.
contenitori di lunga durata, stoviglie riutilizzabili o biodegradabili,
I polimeri più comunemente utilizzati (polipropilene, polietilene, polistirene) per realizzare i contenitori permangono nell’ambiente fino a centinaia di anni. Se non è possibile utilizzare oggetti di lunga durata come quelli di vetro, è preferibile usare oggetti in materiale biodegradabile o compostabile come i biopolimeri (ad esempio quelli derivati da zuccheri).
shopper bag riutilizzabili, biodegradabili o compostabili
Il consumo mondiale annuale di sacchetti di polietilene è stimato in 500 miliardi. Da studi ENEA è emerso che la maggior parte dei frammenti di plastica ritrovati in mare, nei laghi e lungo le spiagge derivano dalla degradazione di sacchetti di polietilene i cui frammenti (<2,5 cm) rappresentano il 22% dei rifiuti plastici che invadono le nostre spiagge. La maggior parte di essi viene utilizzata una sola volta e poi gettata via.
simbologia presente sugli oggetti di plastica
Attenzione ai materiali utilizzati per gli imballaggi: si può imparare a riconoscere i diversi materiali polimerici attraverso la simbologia prevista dalla Direttiva 94/62/CE (art.219 c.5) che invita i produttori a indicare le caratteristiche dei materiali utilizzati. Sulle confezioni di plastica, il nastro di Moebius (le tre frecce che si rincorrono formando un triangolo) è il simbolo della riciclabilità, mentre i numeri presenti al suo interno (da 1 a 7) indicano il polimero utilizzato secondo un codice prestabilito che, in alcuni casi, è accompagnato anche da sigle. Questo può aiutare nella gestione della plastica a fine vita.

RIDUCI
Quando facciamo la spesa acquistiamo solo ciò di cui abbiamo bisogno, favorendo uno stile di vita più rispettoso dell’ambiente.
utilizzo di bottiglie di plastica
le bottiglie di plastica sono state rinvenute nel 92% delle spiagge italiane monitorate (studio ENEA). Per produrre le bottiglie per l’acqua usate in un anno negli Stati Uniti, occorrono 17 milioni di barili di petrolio (mentre il 20% della popolazione mondiale non ha accesso all’acqua potabile). Per portare l’acqua sempre con noi, possiamo utilizzare bottiglie riutilizzabili per un tempo più lungo.
acquisto di prodotti alimentari freschi già confezionati (ortofrutta, pane, formaggi)Da studi ENEA il 74 % della plastica rinvenuta nelle acque dei principali laghi italiani è costituita da frammenti spesso riconducibili al packaging e circa il 20% è costituta da PSE.
uso di accendini usa e getta
Da studi ENEA è emerso che gli accendini sono presenti nel 42% delle spiagge italiane monitorate. Sono difficili da riciclare perché costituti da più materiali che vivranno molto a lungo. È preferibile utilizzare quelli ricaricabili.

EVITA
Il 97 % dell’acqua del pianeta si trova negli oceani che, oltre a regolare la vita sulla Terra, costituiscono un serbatoio di CO2, determinano il clima e contengono la maggior parte delle specie del pianeta. Eppure oltre 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono in mare ogni anno, trasportati dai fiumi. Se il rifiuto esiste in natura, è solo grazie alla nostra specie: la natura non conosce questo termine.
cotton fioc non biodegradabili
I bastoncini per la pulizia delle orecchie gettati nel wc superano gli impianti di depurazione e, attraverso i fiumi, raggiungono il mare. Da una recente ricerca ENEA è emerso che tutte le spiagge italiane sono cosparse di questi bastoncini colorati che si degradano formando microplastiche che rappresentano il 46% degli “oggetti” rinvenuti.  Non solo: lungo le spiagge italiane ne sono stati stimati 100 milioni. Se li mettessimo in fila, raggiungerebbero il centro della Terra. Dal primo gennaio 2019 scatterà il divieto di commercializzare in Italia cotton fioc non biodegradabili.
cannucce per bere
Dai nostri studi, le cannucce integre costituiscono l’1,1% dei rifiuti di plastica trovati sui litorali italiani e sono presenti nel 75% delle spiagge monitorate. Le usiamo per pochi minuti, spesso sono a loro volta impacchettate, il loro utilizzo termina lì ma la loro vita e il loro “naufragare” continua per decenni contribuendo poi alla produzione di microplastiche.
prodotti usa e getta in genere
La goccia di petrolio che serve per creare un bicchiere di plastica,  che si usa per pochi minuti, impiega 70 milioni di anni a formarsi. Riflettiamo sul fatto che si fabbricano oggetti che si utilizzano per pochi minuti con materiali che durano per sempre. L’UE ha proposto nuove regole che introdurranno il divieto di commercializzare alcuni prodotti di plastica: laddove esistono alternative facilmente disponibili ed economicamente accessibili, gli oggetti monouso saranno esclusi dal mercato. Oltre ai bastoncini per le orecchie a alle cannucce, il divieto si applicherà a posate, piatti, mescolatori per bevande e aste per palloncini, tutti prodotti che dovranno essere fabbricati esclusivamente con materiali sostenibili.
utilizzo di cosmetici con microplastiche (scrub, creme e dentifrici)
Secondo recenti studi europei, ogni anno si usano oltre 4 mila tonnellate di microsfere (microbead), pari a 17,5 mg pro capite ogni giorno, che non vengono trattenute dai depuratori e si riversano totalmente in mare. Oltre il 90% è costituita da polietilene. Recentemente è stata approvata una normativa che ne vieterà l’uso a partire dal 2020.
utilizzo di rasoi usa e getta
Sono difficilmente riciclabili poiché assemblati con materiali diversi fra loro. In un anno, rasandoci ogni giorno produciamo 1,65 kg di rifiuti se si utilizzano rasoi usa e getta mentre se si opta per i rasoi ricaricabili, la quantità di rifiuti è 12 volte inferiore (0,14 kg).




martedì 13 febbraio 2018

Ordigni nucleari




Nel 1905, Einstein pubblica la sua “Teoria della relatività”. Importantissima rimane la famosa legge che sta alla base di tanti fenomeni nucleari, secondo la quale la massa equivale ad una quantità d’energia, riassunta nella formula E=mc2 (E è l’energia, m è la massa, c è la velocità della luce). Tale quantità di energia corrisponde all’energia di legame, cioè all’energia che tiene uniti i nucleoni all’interno del nucleo. Questa legge spiega perché la massa del nucleo è inferiore alla somma delle masse dei nucleoni che la compongono. Questa reazione avviene durante la fissione nucleare, durante il quale un atomo di uranio colpito da neutroni può rompersi  in due parti, liberando alcuni neutroni e un’enorme quantità di energia, a loro volta i neutroni liberati, in determinate condizioni, possono spaccare altri nuclei di uranio in successione continua (reazione a catena).
Queste due scoperte condurranno Fermi alla pila atomica, la quale fu costruita a Chicago ed entrò in funzione il 2 dicembre del 1942, data utilizzata per indicare l’inizio dell’era nucleare; ed altri studiosi alla bomba atomica. Durante la creazione della pila atomica vennero riscontrati diversi problemi i quali vennero risolti grazie all’ingegno di Fermi:
separare U235 dall’U238, il quale venne risolto con l’utilizzo di filtri in serie che facevano passare solo l’U235 in quanto era più piccolo trattenendo così l’U238 è stata utilizzata una “pistola a neutroni” per ottenere una sorgente di neutroni (veloci) che sarebbero poi andati a colpire l’U235; la “pistola” è un metallo di berillio che viene colpito dalle radiazioni alfa proveniente dal radio. Ma i neutroni provenienti dal berillio erano troppo veloci per colpire l’uranio, per cui vennero rallentati utilizzando dell’acqua pesante (MODERATORE= D2O), inserita tra il berillio e l’uranio; in questo modo aumentarono la probabilità che i neutroni colpiscano l’uranio infine per evitare che la reazione degenerava diventando una reazione a catena, utilizzarono delle “barre di controllo” di cadmio, la quale assorbendo gli elettroni in eccesso permetteva di controllare la reazione.
La teoria per le due diverse applicazioni è la stessa: nel primo caso la reazione a catena viene rallentata frapponendo particolari sostanze tra i vari blocchi di uranio; mentre nel secondo caso la reazione avviene con una enorme velocità, sviluppando energia in poco tempo.
La prima bomba atomica fu realizzata nel 1945, ad opera di un team di scienziati eterogeneo per nazionalità, aderenti al cosiddetto Progetto Manhattan guidato da Oppenheimer. Questo progetto si basava sulle leggi di Einstein; inoltre era presente colui che aveva dato il vai a questo ramo della fisica, ossia Fermi. La riuscita del progetto era ritenuta fondamentale per vincere la guerra contro il Terzo Reich, che si supponeva stesse continuando a portare avanti un programma militare analogo.
La prima bomba atomica venne fatta esplodere a terra il 16 luglio 1945 nel deserto del Nuovo Messico, in un luogo noto ora come Trinity Site. Quelle successive vennero fatte esplodere sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki rispettivamente il 6 agosto e il 9 agosto del 1945, provocando la resa del Giappone e ponendo fine al secondo conflitto mondiale.
Nel secondo dopoguerra l’arma atomica fu adottata da tutte le principali potenze mondiali; questo portò ad un clima di guerra fredda. Le armi nucleari divennero sempre più complesse, dando origine ad una notevole varietà di ordigni. Esistono diversi tipi di ordigni nucleari, e sono quasi tutte bombe. La loro potenza esplosiva è devastante, superiore a qualunque esplosivo chimico convenzionale. Tra i più importanti ricordiamo:
  • La bomba atomico o bomba A, la prima ad essere costruita, sfrutta una reazione di fissione di uranio plutonio e può raggiungere potenze variabili da 0,5 kilotoni a 1,5 megatoni, con una soglia critica individuata attorno ai 10 megatoni;
  • La bomba all’idrogeno o bomba H, invece sfrutta la fusione fra nuclei di deuterio e trizio, riuscendo così a sprigionare molta più energia: questo tipo di bombe è il più potente in assoluto ed arriva a sprigionare potenze pari a 100 megatoni.
Una esplosione nucleare è molto diversa, sia quantitativamente che qualitativamente, da una convenzionale. Il primo effetto chiaramente visibile è il fungo atomico; una colonna di vapore, residui e detriti che si sollevano per molti km dal luogo dell’esplosione. Oltre al calore e all’onda d’urto vi sono altre caratteristiche comuni a tutte le esplosioni.
La prima è il lampo, ossia l’innesco che genera una quantità enorme di fotoni di luce visibile, che creano un lampo istantaneo; la sua intensità è tale da accecare chiunque sia rivolto verso l’esplosione.
La seconda è l’impulso elettromagnetico, che consiste in una separazione di cariche elettriche che genera un campo elettromagnetico istantaneo; questo causa un’enorme tensione nei circuiti elettrici, che porta in genere alla loro distruzione.
La terza è la radioattività, ossia un irraggiamento di fotoni gamma. Dopo l’esplosione la materia coinvolta nello scoppio inizia a cadere creando una zona di forte radioattività centrata nel punto dell’esplosione.
L’ultima è l’effetto NIGA, ossia l’irraggiamento con neutroni che avviene quando la sfera primaria, cioè la zona dove avvengono le reazioni nucleari, viene a contatto con il suolo rendendolo radioattivo per attivazione neutronica.
A causa di questo il ruolo della fisica è oggi al centro di vivaci dibattiti. Se da un lato la fisica ha apportato notevoli contributi alla conoscenza del mondo naturale, consentendo l’utilizzo delle sue scoperte a vantaggio dell’uomo; dall’altro è forte il timore di un uso improprio degli stessi strumenti fisici.


lunedì 19 giugno 2017

Appello per salvare il Museo campano di Capua

Palazzo Antignano sede del Museo Campano di Capua (ce)


Il Museo Campano di Capua, fondato nel 1870, "custodisce reperti archeologici, mosaici, quadri, manoscritti e volumi di importanza enorme per la storia della Campania, dell’Italia, dell’Europa. Fu chiamato campano e fu posto a Capua perché, quando nacque la provincia di Caserta, si volle creare un luogo della memoria del territorio circostante (la pianura campana) nella città che, per un millennio, ne era stata il centro politico, succedendo, nel nome e nelle funzioni, alla Capua antica, odierna Santa Maria Capua Vetere".
Di grande interesse, "è la collezione delle Matres matutae, unica al mondo. Si tratta di oltre 130 statue votive antichissime (dal quarto al primo secolo avanti Cristo), oggetto da sempre dell’interesse degli studiosi e dei visitatori. Tra i tanti tesori, il Museo custodisce gli archivi storici del Comune di Capua (dal XIV secolo) e dell’Ospedale  dell’Annunziata (dal XV secolo), con documenti estremamente rari nell’Italia meridionale".
Questo Museo, si legge ancora nell'appello "privato di risorse a causa del dissesto della Provincia di Caserta, che ne detiene la proprietà, rischia di chiudere per sempre al pubblico. Nessuno sa quale sarà il suo destino. Nonostante la mobilitazione di associazioni e di esponenti della società civile, nonostante due recenti interrogazioni parlamentari, nulla è stato fatto per trovare una soluzione. Il Ministero dei beni e delle attività culturali e la Regione Campania hanno mostrato l’intenzione di farsi carico del Museo, accogliendolo nel proprio patrimonio. Chiediamo al Ministro Dario Franceschini e al governatore Vincenzo De
Luca di passare dalle parole ai fatti, di salvare il Museo, e con esso un pezzo importante della nostra storia e della nostra identità. Il rischio della chiusura va scongiurato e il Museo va messo in grado di assolvere al meglio a tutte le sue funzioni grazie a risorse finanziarie sicure, un organico stabile, una direzione scientifica all’altezza del suo enorme valore culturale".

martedì 2 maggio 2017

Roseto Valfortore



Roseto Valfortore  è un comune italiano di circa mille abitanti della provincia di Foggia in Puglia. Il paese è annoverato nei "I borghi più belli d'Italia", e fa parte della comunità montana Sub-Appennino Dauno Settentrionale. Nel territorio che lo circonda nasce e scorre il Fortore, fiume da cui il paese prende il nome. Il paese sorge in un paesaggio verdeggiante e suggestivo e i resti del suo antico castello medievale ricordano, ancora oggi, la funzione difensiva con la quale è nato l’abitato, dal quale si poteva controllare tutto il territorio circostante.
Il nome del borgo, “Rositum”, viene citato per la prima volta in un documento del XII secolo e sembra derivare dal toponimo latino “Rosetum”, “roseto”, mentre la specificazione “Valfortore” è stata aggiunta nel 1862 e deriva chiaramente dalla posizione geografica dell’abitato, dunque dal nome dell’omonima vallata che lo ospita.
Nel centro storico si possono ammirare alcuni edifici di pregio architettonico, tra cui la torre del castello medievale, diversi palazzi gentilizi, un’antica fontana e la chiesa parrocchiale, la cui facciata è abbellita da un bellissimo portale.
Passeggiando per il borgo, si respira in alcuni angoli ancora l’atmosfera medievale della sua fondazione, che riemerge nei vicoli stretti, detti “stréttole”, che partono da una strada principale denominata “Piazza Vecchia” e sono disposti secondo una tecnica che alterna vicoli più larghi, da cui partivano le scalinate delle abitazioni, a vicoli strettissimi, nei quali si raccoglieva l’acqua piovana. Inoltre, sono ancora visibili le porte che secoli fa chiudevano i vicoli per proteggere l’abitato da eventuali attacchi esterni.
Vicino alla Piazza Vecchia si trovano poi la chiesa madre, costruita nel 1507 per volere del feudatario Bartolomeo III Di Capua, e il Palazzo Marchesale.
 Il borgo, che sta faticosamente risalendo dall’abisso di abbandono in cui l’ha lasciato l’emigrazione, vive in simbiosi con il suo meraviglioso bosco ceduo, chiamato Vetruscelli. “Il bosco – cantano i rosetani – è un vasto incanto di mistero”, dove si spegne l’amarezza di una vita incompiuta, da riscattare altrove. Basta, allora, uscire a fare due passi nel bosco, tra orchidee selvatiche e altre varietà di fiori, per cercare come Proust il fiore amoroso di Swann, la “catleia” che racchiude la fragile bellezza delle forme viventi. Inoltre, nei boschi  è possibile trovare il tartufo nero, ma anche il tartufo bianco, il bianchetto e l'uncinato. Il tartufo è infatti uno dei prodotti che meglio raccontano la tavola del borgo, tanto da avere una sagra ad esso dedicata.
Ci si ristora tra numerose fonti di acque sorgive ed è dolce, nelle sere d’agosto, godersi dal belvedere del “Giro Coste” il cielo stellato e la fresca brezza che viene dal bosco.